Francesco Ferrucci
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La storia è notoriamente un serbatoio di miti per i nazionalismi ottocenteschi. Nel caso del Risorgimento italiano, furono molti gli sfortunati episodi di lotte, insurrezioni, guerre combattute da città e stati della Penisola contro diversi poteri stranieri, in epoca medievale e moderna, di cui a inizio Ottocento gli artefici del discorso nazional-patriottico andarono in cerca, reinterpretandoli come prove di un’attitudine degli italiani alla difesa delle loro libertà e dell’indipendenza, al contrario di quanto affermavano diffusi stereotipi internazionali sulla decadenza morale e civile della Penisola. Francesco Ferrucci (1489-1530) fu il protagonista di uno di questi fallimentari scontri: capitano generale delle armate della Repubblica fiorentina sotto assedio papalino-imperiale, guidò una resistenza valorosa in condizioni impari, venendo infine sconfitto e ucciso nel piccolo castello di Gavinana, sull’Appennino pistoiese, il 3 agosto 1530. Dai primi decenni del XIX secolo la sua figura venne celebrata come quella di un eroe nazionale, il campione del pro patria mori, un esempio morale da offrire agli italiani moderni. La sua vicenda divenne rapidamente assai popolare: promossa da alcuni degli autori più letti di opere storiche (l’Histoire des républiques italiennes du Moyen Âge di Sismondi) o letterarie (i romanzi L’assedio di Firenze di F.D. Guerrazzi e Niccolò de’ Lapi di M. d’Azeglio), fu ripetutamente adottata dalle arti visive e divulgata in un fitto reticolo intermediale, dalla poesia al teatro, dalle canzoni alle biografie popolari, dall’oratoria sacra e profana all’illustrazione. Fin dagli anni Trenta la visita all’antico campo di battaglia di Gavinana si configurò come un pellegrinaggio patriottico: sfidando i controlli di polizia, piccoli gruppi di giovani uomini si recavano sui luoghi della morte dell’eroe, giurando clandestinamente di imitare il suo esempio. I visitatori affidavano i loro sentimenti a un album di firme, tuttora conservato: sulle sue pagine una comunità dispersa di patrioti si ricomponeva nel nome dell’antico eroe.
Translation
History was, notoriously, a reservoir of myths for nineteenth-century nationalisms. In the case of the Italian Risorgimento, early-nineteenth-century architects of the national-patriotic discourse went in search of the multiple unfortunate episodes of struggles, insurrections, and wars in medieval and modern times fought by cities and states of the Peninsula against various foreign powers, and reinterpreted them as evidence of Italians' commitment to the defense of their freedom and independence. This stood in stark contrast to widespread international stereotypes about the moral and civil decadence of the inhabitants of the Peninsula. Francesco Ferrucci (1489-1530) was the protagonist of one of these failed battles. He was captain general of the armies of the Florentine Republic under a papal-imperial siege; he led a valiant resistance despite being grossly outnumbered, finally being defeated and killed in the small castle of Gavinana, on the Pistoia Apennines, on 3 August 1530. From the first decades of the nineteenth century, he became celebrated as a national hero, the champion of pro patria mori, a moral example to offer to modern Italians. His story quickly became very popular, having been promoted by some of the most widely read authors of historical (for example, Sismondi's Histoire des républiques italiennes du Moyen Âge) and literary works (the novels, The Siege of Florence by FD Guerrazzi and Niccolò de' Lapi by M. d'Azeglio). He was repeatedly represented in the visual arts and his virtues were extolled in a dense network of images and writings, from poetry to theater, from songs to popular biographies, from sacred and profane oratory to illustration. From the 1830s onward, a visit to the ancient battlefield of Gavinana became a patriotic pilgrimage: by challenging police checks, small groups of young men went to the place where their hero died, clandestinely swearing to imitate his example. Visitors entrusted their feelings to an album of signatures which is still preserved. On its pages we find a dispersed community of patriots constructing themselves as a unity in the name of the ancient hero.